La mano sul viso e il dna "ignoto" nella bocca. Perché la procura cerca un terzo uomo

Scritto il 12/07/2025
da Francesca Galici

Ci sarebbero due aplotipi diversi sulla garza impiegata nel tampone: uno esterno riconducibile all'assistente del medico legale e uno interno "ignoto"

Il caso di Garlasco acquisisce un nuovo elemento d'indagine che, al momento, fornisce solo indicazioni sommarie e non certezze su quanto accaduto nella villetta di via Pascoli il 13 agosto 2007. Chiara Poggi venne trovata senza vita sulle scale che dal piano terra portano alla taverna dell'abitazione, tracce di sangue erano presenti in numerose parti del soggiorno e per questo omicidio è stato condannato il fidanzato di allora, Alberto Stasi. Ora, questa nuova indagine ha acceso i riflettori su Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, fratello della vittima, unico indagato per omicidio in concorso. Ma il Dna trovato nella garza utilizzata per fare un tampone orale alla vittima in sede di autopsia presenta un Dna diverso, che non appartiene né all'indagato e né al condannato.

Nella serata di venerdì 11 luglio le voci si sono rincorse frenetiche su questo reperto analizzato dalla genetista Denise Albani, perito incaricato dal tribunale. Non è chiaro se non sia mai stato analizzato dal 2007, come dicono alcune fonti, o se non sia stato ritenuto utile, come rivelano altre fonti. La Provincia Pavese sostiene che il primo a individuare Dna maschile in quel tampone sia stato proprio il medico legale Marco Ballardini ma tra le informazioni che si sono susseguite ieri c'è anche l'ipotesi che possa appartenere al suo assistente, Ernesto Gabriele Ferrari. Ci sarebbero, infatti, corrispondenze sovrapponibili al suo aplotipo. Ma il Corriere della sera spiega che in realtà ci sarebbero due aplotipi, uno nella parte laterale effettivamente corrispondente con Ferrari ma nella parte interna ci sarebbe un profilo quasi completo sul quale pare possibile lavorare per trovare una corrispondenza.

Questo Dna, per altro, sarebbe ancora diverso rispetto a quello trovato sulla fascetta para-adesiva dell'impronta 13, repertata sulla porta della cucina di casa Poggi. Se queste indicazioni venissero confermate, ci sarebbero due ignoti sulla scena. Per altro, il Dna trovato nel cavo orale della vittima sarebbe la "pistola fumante" o la "firma" di chi si trovava incontrovertibilmente sulla scena del delitto durante l'omicidio. Questo nuovo dato si inserirebbe nella nuova possibile dinamica che viene ipotizzata, in cui Chiara Poggi non viene aggredita alla base delle scale ma altrove e in cui la vittima ha cercato di reagire: in questo ipotetico scenario, il Dna nel cavo orale si spiegherebbe con un'azione in cui qualcuno abbia premuto la propria mano sul suo volto per impedirle di urlare e chiedere aiuto. La procura ha avuto l'ordine del silenzio, tutto è protetto dal segreto istruttorio.

Nel frattempo, com'è ovvio che sia, l'avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, chiede cautela: "Siamo tranquilli, non siamo preoccupati. Ci limitiamo al dato certo: quello del campione con una contaminazione". Anche l'avvocato Massimo Lovati, che difende Andrea Sempio, parla di "inquinamento" e sostiene che "le nuove tracce non spostano niente".