Dalla strage nelle acque di Tokyo al dramma del volo Germanwings. Quei disastri nelle mani dei piloti

Scritto il 12/07/2025
da Matteo Basile

I gesti deliberati e il nodo dei controlli psicologici

Quella che per ora è un'ipotesi, un inquietante sospetto, basta e avanza per alimentare incubi e paure. Un pilota che perde la testa e provoca un disastro aereo. È quello che potrebbe essere successo al Boeing 787 dell'Air India precipitato lo scorso 12 giugno causando la morte di 260 persone tra passeggeri e civili che si trovavano sul luogo dell'impatto. Un fatto inquietante se confermato, ma non un unicum nella storia dell'aviazione mondiale, con piloti o copiloti che hanno deliberatamente provocato stragi nella storia recente.

Era il 9 febbraio del 1982 quando durante l'avvicinamento a Haneda, il comandante del volo della Japan Airlines Seiji Katagiri, disattivò l'autopilota spingendo l'aereo in mare. A nulla servì l'intervento del copilota e di un ingegnere di bordo che cercarono di bloccarlo. Le vittime furono 24, tutte tra i passeggeri mentre i membri dell'equipaggio si salvarono. Katagiri finì a processo ma venne dichiarato non colpevole per infermità mentale legata a schizofrenia paranoide. Sembra che avesse problemi personali e avesse da poco stipulato un'assicurazione sulla vita il comandante del volo della SilkAir che il 19 dicembre 1997 fece precipitare il suo Boeing 737 sul fiume Musi, in Indonesia, causando la morte di 104 persone. Le indagini furono inconcludenti ma la causa della sciagura è certa: l'intento suicida del pilota. Il 29 novembre 2013, il volo della Mozambique Airlines 470, si schiantò nel parco nazionale di Bwabwata in Namibia, causando la morte di tutte le 33 persone a bordo (27 passeggeri e 6 membri dell'equipaggio). Le indagini accertarono che il comandante avesse intenzionalmente fatto precipitare l'aereo: era in un momento personale difficile dopo alcuni lutti familiari.

Nella memoria collettiva è impressa la tragedia del volo Germanwings che il 24 marzo del 2015 si schiantò sulle Alpi francesi causando la morte di tutte le 150 persone a bordo. Il co-pilota Andreas Lubitz, che soffriva di gravi disturbi psicologici tra cui una forte depressione che era incredibilmente riuscito a nascondere alla compagnia aerea, approfittando dell'assenza del comandante in cabina, bloccò le porte e portò intenzionalmente l'aereo contro la montagna. L'episodio portò a una revisione più severa delle norme di sicurezza.

Eppure la cabina di pilotaggio di un aereo è considerata uno dei luoghi più sicuri e inaccessibili in assoluto, con controlli rigidissimi che garantiscono la sicurezza di personale e passeggeri. Anche perché per diventare pilota bisogna superare una serie di test psicologici e attitudinali rigorosi, progettati per valutare idoneità mentale, emotiva e comportamentale. Variano tra Paese e compagnia aerea ma in linea generale includono test psicoattitudinali e cognitivi molto approfonditi tra cui esami per valutare il livello di attenzione, di concentrazione prolungata e la capacità di prendere decisioni sotto stress. Analizzati anche stabilità emotiva, tendenza alla cooperazione, capacità di leadership e resilienza psicologica anche grazie a simulazioni e lavori di gruppo. Bocciati in partenza i candidati con disturbi psicopatologici incompatibili con il volo come ansia grave, depressione e disturbi della personalità. Il test più approfondito viene effettuato una sola volta, ogni anno invece viene effettuata una visita medica approfondita. Test psicologici straordinari sono previsti solo in caso di segnalazioni o anomalie. Ma, evidentemente, tutto questo può non bastare.