Pensioni: confermata l’Ape Sociale, stop a Quota 103 e Opzione Donna

Scritto il 24/10/2025
da Valentina Menassi

La riforma si inserisce nel percorso di consolidamento dei conti pubblici e di armonizzazione con i vincoli europei

La stagione della flessibilità in uscita sembra arrivata al capolinea. Dal 2026, la Manovra del governo non prevede la proroga di Quota 103 né di Opzione Donna, mentre resterà in vigore soltanto l’Ape Sociale. Si tratta di un cambio di impostazione che mira a rendere il sistema previdenziale più stabile e coerente con gli obiettivi di sostenibilità finanziaria.

La pensione di vecchiaia

A partire dal 2027, l’età per la pensione di vecchiaia salirà a 67 anni e un mese, per poi raggiungere 67 anni e cinque mesi nel 2029, in base all’adeguamento automatico alla speranza di vita. L’orientamento generale è quello di un progressivo allungamento dei tempi di uscita dal lavoro, con l’obiettivo di mantenere in equilibrio i conti pubblici e garantire la tenuta del sistema contributivo.

Quota 103

Dopo due anni di applicazione, Quota 103, che consentiva di andare in pensione a 62 anni con 41 di contributi, non sarà rinnovata. Anche Opzione Donna, già ridimensionata e limitata a categorie specifiche come caregiver, disoccupate e invalide, scompare dalla nuova Legge di Bilancio.

Ape Sociale

L’unica misura destinata a restare è l’Ape Sociale, introdotta nel 2017 come indennità-ponte per chi si trova in situazioni di fragilità lavorativa o personale. Potranno beneficiarne coloro che hanno perso l’impiego, assistono familiari disabili o svolgono mansioni particolarmente gravose, a condizione di avere almeno 30 o 36 anni di contributi. L’uscita rimane possibile dai 63 anni e cinque mesi, ma si tratta di una misura selettiva: nel 2024 ne hanno usufruito meno di ventimila persone, segno di un impatto quantitativamente limitato sul totale dei lavoratori.

Sistema pensionistico

La scelta del governo si inserisce in una strategia di contenimento della spesa pubblica e di allineamento ai vincoli europei. L’Italia destina oggi oltre il 16% del Pil al sistema pensionistico, una delle quote più alte del continente, in un contesto caratterizzato da invecchiamento della popolazione e riduzione della forza lavoro attiva. Il Ministero dell’Economia sottolinea la necessità di tornare a un impianto previdenziale fondato sui principi contributivi, ritenuti più idonei a garantire la sostenibilità del sistema nel lungo periodo.

Adeguamento alla speranza di vita

Dal 2027 tornerà inoltre pienamente operativo l’adeguamento automatico alla speranza di vita, che comporterà un primo aumento di un mese dell’età pensionabile e ulteriori incrementi a cadenza biennale. Questa evoluzione, insieme al graduale innalzamento dell’età di uscita e alla riduzione del numero di strumenti di anticipo, disegna un sistema più lineare ma anche più selettivo, in cui il rapporto tra contributi versati e prestazioni erogate assume un ruolo sempre più centrale.

Le prospettive

Il quadro previdenziale che si delinea per i prossimi anni appare dunque più stabile, ma meno flessibile. La direzione intrapresa dal governo punta a garantire equilibrio e prevedibilità, privilegiando la sostenibilità economica rispetto alla possibilità di uscita anticipata. Per la maggior parte dei lavoratori, l’obiettivo della pensione tornerà a collocarsi attorno ai 67 anni, con margini di anticipo sempre più ristretti e legati a condizioni specifiche.