Maurizio Molinari, già direttore e ora editorialista di Repubblica, condanna duramente gli estremisti pro Pal che hanno manifestato sotto le sedi del Giornale e di Libero.
Direttore, la sua è stata l'unica "voce fuori dal coro" a dare solidarietà al Giornale e a Libero per la protesta subita sotto le nostre sedi. Per il resto, la solidarietà è arrivata soltanto dal governo, dalle istituzioni e dal centrodestra. Perché ha scelto di alzare la voce?
"Perché viviamo in una stagione segnata dall'intolleranza nei confronti del prossimo e delle opinioni diverse dalle nostre. Quando si vuole far tacere una persona, un giornale, una voce, ciò significa che la libertà di tutti è a rischio. La libertà di opinione è sancita e tutelata dalla Costituzione repubblicana. Minacciarla è il più pericoloso degli allarmi".
Quale è la genesi di questa nuova intolleranza?
"È duplice. Da un lato la stagione del populismo, che in Europa inizia con il successo del referendum su Brexit in Gran Bretagna nel 2016, ha portato all'affermarsi di leader, gruppi e movimenti - a destra come a sinistra - che aggrediscono i principi fondamentali dello Stato di diritto, non credono nel rispetto dell'altro e interpretano la politica come una campagna permanente per delegittimare chiunque la pensa diversamente da loro. Dall'altro, dopo il 7 ottobre 2023, in Europa ma anche negli Stati Uniti, in Canada e in Australia, gruppi di estremisti hanno fatto propria la campagna di Hamas per la delegittimazione di Israele, portandola alle estreme conseguenze ovvero individuando chiunque non condivide la distruzione dello Stato ebraico come un avversario".
Cosa la preoccupa di più?
"L'abilità con cui questi gruppi di estremisti si impossessano della battaglia per i diritti del popolo palestinese al fine di diffondere l'intolleranza. Se volessero davvero battersi per uno Stato palestinese dovrebbero sostenere gli Accordi di Oslo, firmati da Arafat, Rabin e Peres nel 1993 perché sono la base della soluzione dei Due popoli e due Stati. Ma in realtà l'intento è diverso: non costruire un orizzonte di convivenza in Medio Oriente bensì delegittimare, aggredire, far tacere tutti coloro che identificano come avversari. È questo il seme dell'intolleranza che oggi è fra noi".
Due giornali presi di mira per le loro posizioni: che segnale è per la democrazia?
"In una democrazia i mezzi di informazione, tutti senza eccezione, sono l'indispensabile palestra della libertà d'opinione. Chi va di fronte ad una redazione minacciando i giornalisti mette a rischio le libertà di ognuno di noi, a prescindere da opinioni politiche, origini sociali, fede religiosa o genere di appartenenza".
Potere al Popolo e Cambiare Rotta hanno sventolato le fotografie dei direttori e dei giornalisti, vestiti come agenti di polizia. Che tipo di gesto è?
"Significa voler trasformare i singoli giornalisti in nemici da additare, dileggiare, mettere sotto processo e individuare come avversari della collettività. In alcune recenti dimostrazioni alcuni di questi gruppi estremisti hanno adoperato un metodo simile contro leader politici, mostrando cartelli con le immagini di Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen macchiate di rosso - evocando il sangue - e di Elly Schlein vestita in assetto da guerra. E in altre proteste di piazza i volti e nomi additati come nemici sono stati quelli della senatrice Liliana Segre, di Riccardo Pacifici e di David Parenzo accomunati dal fatto di essere ebrei ed accusati di essere sionisti. Sono eventi legati fra loro perché si adopera un nome, un'immagine, per generare avversione, seminare odio".
A lei invece è stato impedito di parlare all'Università di Napoli
"Ciò che mi colpì di quella protesta fu la scelta dei manifestanti che, dopo aver ottenuto di non farmi parlare in pubblico, rifiutarono anche di incontrarmi in privato. Esprimendo un rifiuto totale, assoluto, nei confronti della mia persona fisica che andava ben oltre la contestazione di opinioni".
Basta avere posizioni filo-israeliane per essere messi nel mirino?
"La narrazione contraria all'esistenza dello Stato ebraico, al sionismo come risorgimento del popolo ebraico, appartiene ad un'ostilità più vasta per la vita democratica ed i valori di libertà dell'Occidente. Protestare contro le scelte del governo israeliano è legittimo, come lo è nei confronti di qualsiasi esecutivo, da Washington a Roma. Quando la protesta investe però non singole politiche ma individui specifici e popoli interi diventa intolleranza".
L'allarme democrazia scatta a senso unico. Cosa sarebbe successo se l'estrema destra avesse manifestato sotto la sede di altri giornali? Presumo che la solidarietà, in quel caso, sarebbe arrivata anche dal Partito democratico e dal resto del campo largo.
"La difesa della libertà di opinione e dell'indipendenza della stampa non può e non deve avere colori politici. Le libertà costituzionali appartengono a tutti i cittadini e spetta a tutti difenderle".
Qualche giorno fa, in televisione, ha richiamato la politica sul tema della sicurezza. Ha usato Milano come esempio. Non occuparsi del problema della microcriminalità che deriva dagli egiziani illegali - ha dichiarato- favorisce la crescita dei movimenti estremisti. Ma la sinistra è ormai concentrata esclusivamente sui diritti civili.
"L'immigrazione illegale è una ferita profonda che accomuna tutte le democrazie. La risposta non può che arrivare dalla capacità di armonizzare diritti e sicurezza. Garantendo pari diritti a chi sceglie di immigrare ed iniziare una nuova vita in un Paese di scelta ma garantendo al tempo stesso la sicurezza collettiva ovvero il rispetto delle leggi da parte di tutti, cittadini o immigrati. Quando tale equilibrio viene meno si creano squilibri che generano estremismo. Ciò vale a Milano come a Londra, Parigi, New York o Berlino".
Tornando alla questione della protesta, si dovrà arrivare al modello americano, con la polizia che presidia ogni redazione?
"Le forze dell'ordine nel nostro Paese fanno, non da oggi, un lavoro straordinario e difficile per proteggere la sicurezza collettiva. Siamo tutti in debito con loro. Sarebbe però un segno di debolezza per la nostra democrazia se dovessimo affidargli la tutela dei giornali. A proteggere la libertà di opinione devono essere i singoli cittadini esercitando uno di quei doveri civili che, come scrisse Giuseppe Mazzini, consentono ad un popolo di essere una nazione. In ultima istanza anche chi è più aggressivo nei confronti di un giornale o di un giornalista ha interesse a rispettarli perché la libertà altrui garantisce la nostra".
Ritiene che questa ondata di intolleranza abbia a che vedere anche con l'impatto dei social network?
"Non c'è alcun dubbio che i social network moltiplicano l'effetto dell'odio perché consentono di diffondere bugie e falsità di ogni genere alla velocità della luce. Non a caso nel nostro Paese il reato più diffuso è il cyberbullismo e non a caso le bugie più aggressive riguardano il genocidio attribuito a Israele. Per questo è importate la volontà di Leone XIV di disarmare le parole guardando ad una nuova Rerum Novarum per difendere l'etica dalle fake news nella stagione della rivoluzione digitale".