Delitto Mattarella, difesa del prefetto Piritore. "Confusione sul guanto. Io eseguivo ordini"

Scritto il 26/10/2025
da Redazione

L'ex agente, arrestato ieri, al gip: "Non ho occultato nulla"

«Avrò detto una cosa interpretata male. Mi protesto innocente. Probabilmente ero agitato quando ho detto quelle cose». Si è giustificato così davanti al gip durante l'interrogatorio preventivo, l'ex prefetto Filippo Piritore, arrestato venerdì con l'accusa di depistaggio nelle indagini dell'allora presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, fratello dell'attuale presidente della Repubblica Sergio, il 6 gennaio 1980 a Palermo. Piritore è accusato di aver contribuito, mentendo, a far perdere le tracce del guanto in pelle lasciato nell'auto usata per la fuga da uno dei killer.

L'ex prefetto era stato ascoltato lo scorso anno dai magistrati della Procura diretta da Maurizio de Lucia, che lo avevano convocato come persona informata dei fatti, ed era caduto in numerose contraddizioni, che ora lui giustifica con lo stato di «agitazione e ansia» di cui soffre.

Piritore è accusato di avere fatto sparire un guanto ritrovato poco dopo il delitto nell'auto dei killer, una Fiat 127 rubata. Un oggetto «repertato» formalmente ma mai consegnato né al pm titolare del fascicolo, Pietro Grasso, né ai laboratori della polizia scientifica. «Nella 127 c'erano dei pantaloni - ricorda l'allora funzionario della Squadra mobile - un guanto, poi un bottone da lutto». Parte del materiale fu restituito al proprietario dell'auto, che lo riconobbe. Il guanto invece non era suo e sparì. «Non so come avvenne la consegna - dice Piritore, difeso dagli avvocati Dino Milazzo e Gabriele Vancheri -. Io non ho toccato nulla,

ero meticoloso nelle cose che facevo. Non ho ricordi nitidi, qualcuno mi avrà detto che il dottor Grasso aveva il guanto. Avevo 30 anni appena fatti (ne aveva 29, ndr). Evidentemente mi sarò spiegato male. Ho anche chiesto scusa ai procuratori. Sono in pensione dal 2016 e prendo una ventina di farmaci che incidono sulla memoria».

Intanto Salvatore Butera, 88 anni, allora collaboratore di Matterella, non si dice sorpreso: «Sta emergendo quello che tutti noi un po' sapevamo, sul delitto Mattarella ci sono stati depistaggi e penso che a compierli non sia stata soltanto». Per Butera la pista più accreditata resta quella del terrorismo nero: «Irma, la moglie di Piersanti, riconobbe nel killer Giusva Fioravanti, e anche Giovanni Falcone appoggiava questa tesi».